Nata nel 1955 e con base ad Amsterdam, la Fondazione World Press Photo si distingue per essere una delle maggiori organizzazioni indipendenti e no-profit impegnata nella tutela la libertà di informazione, inchiesta ed espressione, promuovendo in tutto il mondo il fotogiornalismo di qualità. Oltre ad offrire un ampio portfolio di attività comunicative, educative e di ricerca, la World Press Photo Foundation vanta il concorso di fotoreportage più prestigioso al mondo con la partecipazione annuale di oltre 6.000 fotoreporter, provenienti dalle maggiori testate editoriali mondiali come Reuters, AP, The New York Times, Le Monde, El Paìs per nominarne solo alcuni. La mostra internazionale è stata inaugurata ad Amsterdam ad aprile, prima di iniziare il suo tour mondiale in 100 città e 45 paesi. Il concorso di World Press Photo rappresenta e concentra i più alti standard della fotografia d’attualità nella foto vincitrice dell’anno, la “World Press Photo of The Year”, selezionata nell’ambito di diverse categorie: Contemporary Issues, Environment, General News, Long-Term Projects, Nature, Portraits, Sports e Spot News. Alcune delle immagini premiate con questo titolo sono diventate iconiche, altre hanno stabilito dei trend, altre ancora hanno influenzato il fotogiornalismo tanto da mutarne lo stile e dettarne gli standard.
La mostra internazionale “World Press Photo 2019” farà tappa a Napoli, presso il MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli il 14 Ottobre e rimarrà aperta fino al 11 Novembre 2019.
L’esposizione presenta le 144 foto finaliste selezionate tra le immagini che hanno raccontato il 2018 fra cui lo scatto vincitore del World Press Photo of The Year 2019: Crying Girl on the Border di John Moore (Agenzia Getty Image). L’immagine ritrae una bambina honduregna di circa due anni, Yanela, in un pianto disperato mentre sua madre, Sandra Sanchez, che la tiene in braccio, è costretta a metterla a terra mentre viene perquisita da un agente della polizia di frontiera americana al confine con il Messico.
È stata appena presentata a Milano l’attesissima mostra Canova e l’Antico in programma dal 28 marzo al 30 giugno 2019 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. L’inedito percorso, curato da Giuseppe Pavanello, conta importanti prestiti nazionali e internazionali -tra cui l’Ermitage di San Pietroburgo, lo scrigno dove è custodita la più ampia collezione di Canova- e intende riproporre le dinamiche che hanno accompagnato lo sviluppo artistico del massimo esponente del Neoclassicismo.
Storicamente riconosciuto come l’ultimo degli antichi e il primo dei moderni, Antonio Canova (1757-1822) seppe rinnovare la tradizione classica dall’interno, elaborando un linguaggio non convenzionale e rivoluzionario che nello stesso tempo prendeva le mosse dai princìpi dell’arte greca e latina. Imitare e non copiare fu il monito che lo accompagnò per tutta la sua attività che si svolse principalmente tra Venezia, Roma e Napoli. Come si legge dai suoi quaderni di viaggio l’antico «bisognava mandarselo in mente, sperimentandolo nel sangue, sino a farlo diventare naturale come la vita stessa», andava fatto rinascere attraverso un nuovo paradigma espressivo filtrato dalla natura e dalla bellezza eterea ed eterna della classicità. È datato 1780 il primo soggiorno partenopeo di Antonio Canova, un soggiorno che ispirò ulteriormente la sua vocazione, qui infatti ebbe modo di ammirare dal vivo i tesori di Ercolano e Pompei, la cui scoperta avvenne nella seconda metà del secolo costituendo una meta imprescindibile nell’iter di formazione di qualsiasi giovane artista del tempo.
L’esposizione prende avvio da questo avvenimento, innestando un diretto dialogo, per analogia e opposizione, tra le opere presentate in mostra e l’esposizione permanente del museo dove oggi si conservano i capolavori allora contemplati dal novello Fidia, dalle pitture e sculture ‘ercolanesi’ ai marmi farnesiani. Proprio da questi ultimi per esempio, trasferiti a Napoli per volontà di Ferdinando IV, Canova elaborò le sue più grandi opere, come accadde per l’Amore Farnese, modello per l’Amorino alato Jusupov o il Paride da Capua per il Paride canoviano e il Ritratto di Antonino Pio per l’Imperatore Francesco II abbigliato all’antica, con corazza e clamide.
12 marmi e 110 opere, tra modelli e calchi in gesso, bassorilievi, modellini in terracotta, disegni, dipinti monocromi e tempere, costituiscono il corpus canoviano presentato in mostra grazie a eccezionali prestiti nazionali e internazionali. Provengono direttamente dall’Ermitage di San PietroburgoL’Amorino Alato, L’Ebe, La Danzatrice con le mani sui fianchi, Amore e Psiche stanti, la testa del Genio della Morte e le celeberrime Tre Grazie, mentre dal Getty Museum di Los Angeles l’Apollo che si incorona e dal Museo Nazionale di KievLa Pace, imponente statua di circa tre metri. Dall’Italia si annoverano, invece, la Maddalena Penitente da Genova, il Paride e la Stele Mellerio dal Museo Civico di Asolo, oltre che i delicatissimi gessi come l’Amorino Campbell e il Perseo Trionfante, entrambi concessi da collezioni private, e il Teseo vincitore del Minotauro e l’Endimione dormiente dalla Gypsotheca di Possagno. Sarà inoltre speciale la presenza di 34 tempere su carta a fondo nero, conservate a Possagno nella casa natale dell’artista, che tanto si richiamo alle pitture pompeiane su sfondo unito, e del gesso del gruppo di Adone e Venere, la cui scultura -oggi inamovibile dal Museo di Ginevra- fu la prima opera di Antonio Canova a giungere a Napoli nel principio del 1795 per acquisto del marchese Francesco Berio, l’arrivo della statua in città provocò un tale affollamento e deliri di entusiasmo che furono costretti a chiudere al pubblico l’entrata al tempietto nel giardino di Palazzo Berio.
«Il Canova ha avuto il coraggio di non copiare i greci e di inventare una bellezza, come avevano fatto i greci: che dolore per i pedanti! […] Quel grande che a vent’anni non conosceva ancora l’ortografia, ha creato cento statue, trenta delle quali sono capolavori»
Stendhal
Informazioni utili
Canova e l’Antico dal 28 marzo al 30 giugno 2019
MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli Piazza Museo 19 80135, Napoli
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