Pasqua a Napoli, tra sapori e tradizioni.

Un lunghissimo weekend di Pasqua a Napoli si avvicina. Ricca di arte, cultura, folklore e dei sapori di una delle tradizioni gastronomiche più famose del mondo, Napoli è la prima scelta per trascorrere in coppia, famiglia o con gli amici le festività pasquali.

La Settimana Santa partenopea è scandita da una serie di eventi religiosi legati ai riti ed alla liturgia della Pasqua, pressappoco come in tutta Italia: si parte dai rametti d’ulivo della Domenica delle Palme, seguono poi lo struscio ed i sepolcri al giovedì, le processioni del venerdì, fino allo sciogliersi della Gloria alla Domenica di Pasqua.

Messa di Pasqua

Oltre ai riti religiosi, la tradizione culinaria partenopea accompagna la settimana santa anche con una serie di riti gastronomici che scandiscono il ritmo delle giornate, fino alla preparazione del menù pasquale ed alla gita della pasquetta.

Dopo quaranta giorni di magra, già dal giovedì santo, giornata i cui rigorosamente si cena con zuppa di cozze, perché bandita la carne, s’inizia a sentire l’odore del grano cotto nel latte, elemento base della pastiera napoletana.

Ogni festività che si rispetti esige il suo dolce tradizionale e Napoli omaggia la Pasqua con un dessert d’eccezione la Pastiera, regina indiscussa delle torte fatte in casa. La tradizione vuole che la pastiera si prepari il Giovedì Santo anche perché è un dolce che invecchiando migliora e che si può conservare fino a dieci giorni, ma non in frigo perché altrimenti si rovinerebbe subito.

Sulla tavola della cena di sabato santo vede, come re indiscusso, il Casatiello, la gustosa torta pasquale fatta di formaggio e salumi. In genere se ne fanno due, il secondo si mangia il lunedì.

Passando alla domenica di Pasqua, sempre la tradizione vuole che dopo la Messa si vada a casa per degustare in famiglia il lauto pranzo pasquale a base di agnello con piselli e uova, accompagnato da carciofi fritti oltre a riproporre la fellata e la crostata di tagliolini. La pastiera, la colomba e le uova di cioccolato che grandi e piccini scartano con la speranza di trovare chissà quale sorpresa, sono i dolci della domenica.

Le vacanze di Pasqua a Napoli si concludono con il Lunedì dell’Angelo, quando i napoletani si concedono una scampagnata fuori porta e si portano tutti cibi che sono trasportabili per una scampagnata, oppure se si resta a casa si mangiano gli avanzi del giorno prima se ci sono, si mangia il casatiello che dopo due giorni si è insaporito ancora di più.

Casatiello

Pasqua a Napoli, idee di visita

Le mete tipiche della Pasquetta a Napoli sono: la Reggia di Caserta, Pompei e se il tempo lo permette, le Isole. Tra i più bei musei di Napoli, da non perdere una visita al Museo archeologico nazionale, mentre il Museo Nazionale di Capodimonte, inserito all’interno della splendida Reggia borbonica, è una scelta ideale per il lunedì di pasquetta, così come una visita anche agli scavi di Ercolano e ai Campi Flegrei, se avete intenzione di prolungare la visita ai dintorni di Napoli.

Per godere di una suggestiva vista sul golfo di Napoli, non fatevi mancare una visita a Castel Sant’Elmo, sulla collina del Vomero. Per godere delle atmosfere della Napoli più verace, fate una passeggiata tra i vicoli intorno a San Gregorio Armeno e sul lungomare.

Lungomare

Pastiera napoletana. La ricetta!

La pastiera è un dolce tradizionale composto da una pasta frolla elastica ma friabile e un ripieno cremoso a base di ricotta grano. Un tempo era preparata tra l‘Epifania e la Pasqua, il periodo migliore per questi due ingredienti principali. La versione più conosciuta è sicuramente quella napoletana, che scoprite in questa golosa ricetta spiegata passo per passo.

INGREDIENTI

PER LA PASTA FROLLA:
• 350 g di farina
• 175 g di burro o strutto
• 140 g di zucchero
• 2 uova intere
• scorza di 1 arancia
PER IL RIPIENO:
• 350 g di ricotta vaccina
• 250 g di zucchero
• 300 g di grano precotto
• 200 ml di latte
• 2 uova intere
• 1 tuorlo
• 150 g di canditi (cedro e arancia)
• 2 cucchiaini di acqua di fiori d’arancio
• scorza di 2 arance
• scorza di 1 limone
• 1 pizzico di sale

INTRODUZIONE

La frolla, preparata con strutto o burro, è friabile ed elastica e la crema all’interno è un perfetto equilibrio di dolcezza e aromi; per la preparazione della pastiera napoletana, inoltre, si utilizzano sempre limone e arancia, e a piacere un pizzico di cannella.

La ricetta originale prevede inoltre sia il grano che i canditi a pezzetti ma, volendo, potete frullare il ripieno creando così una crema liscia e ugualmente buona. Se poi volete leggermente allontanarvi dalla tradizione, aggiungete qualche goccia di cioccolato all’interno. In ogni caso otterrete un concentrato di sapore, perfetto per ogni momento della giornata!

PREPARAZIONE

1

Cuocete il grano con latte, scorza di 1 arancia e 1 cucchiaio di zucchero. Mescolate continuamente finché il latte non si sarà completamente assorbito. Lasciate raffreddare. In una ciotola capiente, lavorate la ricotta con lo zucchero fino ad ottenere un composto morbido e senza grumi.

2

Aggiungete le uova, il tuorlo, un pizzico di sale e la scorza grattugiata di 1 arancia e 1 limone. Mescolate con un mestolo di legno. Aggiungete anche i canditi a cubetti piccoli e l’acqua di fiori d’arancio.

3

Infine, unite il grano freddo e mescolate fino ad ottenere una crema omogenea. Lasciate riposare in frigo. Intanto, preparate la pasta frolla: lavorate burro (o strutto) e zucchero, quindi unite le uova con la scorza d’arancia e successivamente la farina. Impastate fino ad ottenere un panetto compatto, quindi avvolgetelo nella pellicola e riponete in frigo.

4

Appena la pasta frolla sarà ben fredda, stendetene 2/3 e rivestite una tortiera antiaderente. Con le dosi riportate, potete utilizzare una tortiera più alta di 22 cm, oppure una bassa di 26 cm. Versate il ripieno all’interno, quindi stendete la frolla restante e ricavate delle strisce. Decorate formando dei rombi.

Cuocete la pastiera in forno caldo a 180° per circa 1 ora e 20 minuti.
Sfornatela, fatela raffreddare a temperatura ambiente per 12 ore.



Secondo un’antica leggenda, la sirena Partenope scelse come dimora il golfo di Napoli. Per ringraziarla gli abitanti della città le portarono 7 doni: 
– la farina, simbolo di ricchezza;
–  la ricotta, a rappresentare l’abbondanza;
–  le uova, che richiamano la fertilità; 
– il grano cotto nel latte, come fusione di regno animale e vegetale; 
– i fiori d’arancio, profumo della terra campana; 
– le spezie, omaggio di tutti i popoli;
– lo zucchero, per celebrare la dolcezza del canto della sirena. 

Partenope gradì i doni, ma li mescolò insieme dando vita a un dolce unico e inimitabile: la pastiera, regina indiscussa della nostra Pasqua!

Mangiare a Napoli, i piatti tipici della cucina napoletana

La città ha tanto da offrire e da vedere ma un viaggio a Napoli non sarebbe però completo senza averne assaporato la meravigliosa cucina.

Volete dei consigli sui piatti tipici da provare? Ecco allora la nostra selezione!

Gattò di patate (o gateau di patate)

Uno sformato di patate con salumi vari e provola affumicata. La crosta è resa croccante dal pan grattato cotto al forno. Un piatto semplice ma molto gustoso.

Mozzarella di bufala

La mozzarella di bufala, fatta col latte delle bufale campane, è unica al mondo. Ricordate che va assolutamente mangiata fresca e non va MAI messa in frigo ma in attesa di venire servita va tenuta fuori, all’interno del suo siero.

Fior di latte e provola

La mozzarella di latte vaccino è chiamata fior di latte, mentre la sua variante affumicata è la provola. Entrambe deliziose, e anche queste quando fresche vanno tenute fuori frigo per non comprometterne il sapore.

Salsiccia e friarielli

Questo succulente secondo è un pilastro della cucina napoletana. I friarielli sono verdure amarognole simili alle cime di rapa, che vengono stufate in padella con olio, aglio e peperoncino.

Pizza di scarole

Si tratta di una pizza rustica ripiena di scarole, cotte insieme a olive, capperi e pinoli che vengono precedentemente rosolati insieme. Il segreto? L’acciuga!

Casatiello

Chiamato anche tortano, si tratta di una sorta di torta salata molto nutriente, a base di formaggio, salame e uova. Si mangia per lo più per Pasqua.

Sartù di riso

Timballo di riso che può essere preparato in diverse varianti. La ricetta classica prevede la preparazione con il ragù napoletano, piselli, pancetta, funghi, fior di latte o provola, polpettine di carne, salsicce e uova sode.

Pizza rustica

La pizza rustica napoletana è una deliziosa torta salata ripiena di ricotta, formaggi e salame piccante. Si può mangiare tiepida o fredda.

Frittata di pasta

È uno di quei piatti che a Napoli si portano in gita o in spiaggia, perché si mangia con le mani come se fosse un panino. Si prepara con la pasta avanzata del giorno prima e le uova, mescolate e cotte come una normale frittata.

Pasta e patate con la provola

La pasta e patate con provola affumicata è un piatto tradizionale della cucina napoletana povera. Irresistibile pur nella sua semplicità.

Pizza

La pizza napoletana non ha bisogno di presentazioni. Soffice e sottile all’interno, col cornicione morbido rialzato. Leggera e facilmente digeribile, grazie alla lunga lievitazione. Quando la pieghi non si spezza, ma resta morbida.

Pizza fritta

A Napoli è uno dei cibi da street food più conosciuti. L’impasto è fatto con pasta per la pizza ripiena di ricotta di pecora, cicoli e fior di latte e poi fritto.

Spaghetti con le vongole

Uno dei piatti tipici della cucina napoletana, ormai diffuso e amato in tutto il mondo. La ricetta originale prevede che vengano preparati in bianco ma ci si può aggiungere anche qualche pomodorino. Le vongole usate sono quelle veraci del Mar Tirreno.

Zucchine alla scapece

Si tratta di un contorno che si prepara tagliando le zucchine a rondelle, friggendole in olio extravergine d’oliva e condendole con aceto e menta.

Melanzane a funghetto

Le melanzane a funghetto sono un contorto a base di melanzane fritte e pomodori ramati, ottime anche per condire la pasta.

Sfogliatella frolla e riccia

Le sfogliatelle ricce e quelle frolle sono uno dei dolci tipici più amati della pasticceria napoletana. Tra i prodotti tipici da mangiare a Napoli meritano sicuramente una menzione particolare.

Babà

Forse il dolce napoletano per eccellenza, preparato con pasta lievitata con lievito di birra e caratterizzato dal sapore al rum.

Cornetto

Fatto di pasta brioche, che lo rende soffice e profumato. Un must della colazione napoletana insieme alla cosiddetta brioche col tuppo.

Pastiera

Dolce tipico della Pasqua a Napoli, fatto con pasta frolla, ricotta e grano.

La cucina napoletana è veramente molto varia e ci sarebbero tanti altri piatti tipici di cui scrivere.

Questi però sono quelli che secondo noi non possono mancare per un primo approccio con la gastronomia di Napoli.

E se dopo questa lettura vi è venuta fame, non vi resta che venire a provare di persona questi piatti tipici della tradizione napoletana!

Ecco la grandissima mostra su Antonio Canova a Napoli. Dal Getty all’Ermitage, prestiti in arrivo da tutto il mondo.


Antonio Canova, Le grazie, 1812 -1816 marmo, cm 182 х 103 х 64Ph © Leonard Kheifets, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage, 2019

È stata appena presentata a Milano l’attesissima mostra Canova e l’Antico in programma dal 28 marzo al 30 giugno 2019 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. L’inedito percorso, curato da Giuseppe Pavanello, conta importanti prestiti nazionali e internazionali -tra cui l’Ermitage di San Pietroburgo, lo scrigno dove è custodita la più ampia collezione di Canova- e intende riproporre le dinamiche che hanno accompagnato lo sviluppo artistico del massimo esponente del Neoclassicismo.

Storicamente riconosciuto come l’ultimo degli antichi e il primo dei moderni, Antonio Canova (1757-1822) seppe rinnovare la tradizione classica dall’interno, elaborando un linguaggio non convenzionale e rivoluzionario che nello stesso tempo prendeva le mosse dai princìpi dell’arte greca e latina. Imitare e non copiare fu il monito che lo accompagnò per tutta la sua attività che si svolse principalmente tra Venezia, Roma e Napoli. Come si legge dai suoi quaderni di viaggio l’antico «bisognava mandarselo in mente, sperimentandolo nel sangue, sino a farlo diventare naturale come la vita stessa», andava fatto rinascere attraverso un nuovo paradigma espressivo filtrato dalla natura e dalla bellezza eterea ed eterna della classicità. È datato 1780 il primo soggiorno partenopeo di Antonio Canova, un soggiorno che ispirò ulteriormente la sua vocazione, qui infatti ebbe modo di ammirare dal vivo i tesori di Ercolano e Pompei, la cui scoperta avvenne nella seconda metà del secolo costituendo una meta imprescindibile nell’iter di formazione di qualsiasi giovane artista del tempo.


Antonio Canova, Teseo e Piritoo nel tempio di Diana Ortia vedono Diana danzare, fra due danzatrici, davanti al simulacro di Artemide Efesia (Ratto di Elena),1799, Tempera su carta, mm 260 x 395, Possagno, Gypsotheca e Museo Antonio Canova

L’esposizione prende avvio da questo avvenimento, innestando un diretto dialogo, per analogia e opposizione, tra le opere presentate in mostra e l’esposizione permanente del museo dove oggi si conservano i capolavori allora contemplati dal novello Fidia, dalle pitture e sculture ‘ercolanesi’ ai marmi farnesiani. Proprio da questi ultimi per esempio, trasferiti a Napoli per volontà di Ferdinando IV, Canova elaborò le sue più grandi opere, come accadde per l’Amore Farnese, modello per l’Amorino alato Jusupov o il Paride da Capua per il Paride canoviano e il Ritratto di Antonino Pio per l’Imperatore Francesco II abbigliato all’antica, con corazza e clamide.


Antonio Canova, Teseo vincitore del Minotauro, 1781 -1783 gesso, cm 160 x 152 x 90 Possagno, Gypsotheca e Museo Antonio Canova

12 marmi e 110 opere, tra modelli e calchi in gesso, bassorilievi, modellini in terracotta, disegni, dipinti monocromi e tempere, costituiscono il corpus canoviano presentato in mostra grazie a eccezionali prestiti nazionali e internazionali. Provengono direttamente dall’Ermitage di San PietroburgoL’Amorino AlatoL’EbeLa Danzatrice con le mani sui fianchiAmore e Psiche stanti, la testa del Genio della Morte e le celeberrime Tre Grazie, mentre dal Getty Museum di Los Angeles l’Apollo che si incorona e dal Museo Nazionale di KievLa Pace, imponente statua di circa tre metri. Dall’Italia si annoverano, invece, la Maddalena Penitente da Genova, il Paride e la Stele Mellerio dal Museo Civico di Asolo, oltre che i delicatissimi gessi come l’Amorino Campbell e il Perseo Trionfante, entrambi concessi da collezioni private, e il Teseo vincitore del Minotauro e l’Endimione dormiente dalla Gypsotheca di Possagno. Sarà inoltre speciale la presenza di 34 tempere su carta a fondo nero, conservate a Possagno nella casa natale dell’artista, che tanto si richiamo alle pitture pompeiane su sfondo unito, e del gesso del gruppo di Adone e Venere, la cui scultura -oggi inamovibile dal Museo di Ginevra- fu la prima opera di Antonio Canova a giungere a Napoli nel principio del 1795 per acquisto del marchese Francesco Berio, l’arrivo della statua in città provocò un tale affollamento e deliri di entusiasmo che furono costretti a chiudere al pubblico l’entrata al tempietto nel giardino di Palazzo Berio.


Antonio Canova, Tre danzatrici, quella al centro con una ghirlanda sopra il capo, citareda, Marte con Amore in grembo e cop-pia di amorini tedofori (Danza delle Grazie e Venere davanti a Marte), 1799, Tempera su carta, mm 240 x 370, Possagno, Gypsotheca e Museo Antonio Canova

«Il Canova ha avuto il coraggio di non copiare i greci e di inventare una bellezza, come avevano fatto i greci: che dolore per i pedanti! […] Quel grande che a vent’anni non conosceva ancora l’ortografia, ha creato cento statue, trenta delle quali sono capolavori»


Stendhal

Antonio Canova, Ferdinando IV di Borbone re di Napoli (Ferdinando I re delle Due Sicilie), 1800 marmo, cm 360 Napoli, Museo Archeologico Nazionale

Antonio Canova, Paride, 1807 -1812, marmo, cm 200 x 79,5 x 64,5, Asolo, Museo Civico

Informazioni utili

Canova e l’Antico
dal 28 marzo al 30 giugno 2019

MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Piazza Museo 19
80135, Napoli

museoarcheologiconapoli.it
081 4422149


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LASAGNE DI CARNEVALE, LA RICETTA NAPOLETANA PER ECCELLENZA

Carnevale è la festa dei bambini, dove è necessario sfogare il rigido controllo della comunità familiare esercitato nel corso dell’anno. La trasgressione pagana è dunque tutta nella creazione di un piatto esagerato, capace di far dimenticare la fame, di esorcizzarla, di essere così abbondante da poter dire basta, così ricco da restare vivi, il contraltare all’unica vera regola a cui i napoletani hanno dovuto sottostare dalla fondazione della città sino agli anni ’60, quella della fame e dell’incertezza delle calorie per la sopravvivenza. Da poco tempo, insomma, i bisogni primari sono soddisfatti a livello fisico ma non ancora nell’inconscio collettivo.

Ecco dunque questo piatto in cui sul terreno amidoso della pasta combattono alternandosi la sensazione acida del pomodoro e quella dolce della ricotta, in cui entra tutto quello che uno vorrebbe mangiarsi nel corso dell’anno, dalla carne al salame, persino in alcuni casi le uova, simbolo d’eccellenza della fertilità in tutte le culture. La lasagna, da adesso la Lasagna, è dunque la vera trasgressione non costruita ma naturale, l’abboffata, spernacchiare la fame, sentire di avere tutto a disposizione, almeno una volta l’anno, nel piatto. Se questa è la genesi, la sua capacità di resistere e di essere realmente sentita nelle case come nei ristoranti, nelle trattorie e nelle gastronomie è ovviamente nella sua bontà, nel suo affermarsi sostanzialmente come piatto morbido e che piace a tutti, grandi e piccini: non esiste al mondo una persona a cui non può piacere una porzione di Lasagna. Un altro elemento di successo, fattore non trascurabile nella mentalità napoletana, è la sua infinita praticità: la si può preparare il giorno prima tanto quello dopo è più buona, per questo è possibile anche conservarla, infine portarla integra facilmente con i ruoti del forno se si è invitati altrove. Infine c’è la gestualità, il taglio della pasta simile a quello di una torta, l’evocazione immediata della festa, la speranza che in quella fetta ci sia quel salame e qualche polpettina in più. E, ancora, la disquisizione se sia più buono il centro morbido o la crosta esterna, la preparazione a strati in cui si esalta la filosofia vichiana dei corsi e ricorsi storici.
Insomma: urrà.

La Lasagna di Carnevale è uno di quei piatti che tutti fanno in maniera diversa: ci sono delle regole, diciamo delle direttive da seguire, ma poi la fantasia e la tradizione di casa propria prende il sopravvento e non si può certo dire che le diverse varianti siano cattive, anzi.

La parte più interessante della preparazione di questo piatto è la sfoglia che, stando alla tradizione, non deve essere la classica alla bolognese all’uovo per intenderci ma preparata con un misto di acqua e farina.

E’ un piatto che richiede tanta dedizione ma che, vi assicuro, regala anche tante soddisfazioni: se siete a dieta fermatevi almeno a Carnevale, provate queste lasagne poi ne riparliamo.

LASAGNE DI CARNEVALE: INGREDIENTI PER UNA TEGLIA MEDIA (8 PEZZI GRANDI)

500 grammi di sfoglia
500 grammi di ricotta vaccina
400 grammi di fior di latte asciutti, ovvero senza liquido
Parmigiano e pecorino grattugiati q.b. (circa 200 gr)
2 uova sode
300 grammi di salsiccia secca tagliata a fettine (solitamente quella di Agerola)

Per il ragù
400 grammi di muscolo di maiale
4 salsicce
4 costine di maiale
2 cipolle bianche
2 carote
1 costa di sedano
2 cucchiai di strutto
1 bicchiere di vino rosso
1,5 kg di pomodori pelati passati
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva .
Sale al bisogno

Per le polpettine
200 grammi di macinato misto vitello e maiale
80 grammi di mollica di pane
1 cucchiaio di Parmigiano grattugiato
1 ciuffo di prezzemolo fresco
sale e pepe q.b.

LASAGNE DI CARNEVALE: RICETTA

1. Sminuzzare le cipolle, tagliare le carote e il sedano a dadini e mettere tutto dentro una pentola grande e dal fondo alto lasciando rosolare in olio di oliva e strutto. Aggiungere tutta la carne per il ragù senza tagliarla, lasciar stufare quindi versare il vino facendolo evaporare. Togliere la carne dalla pentola, versare i pomodori passati, lasciar cuocere per almeno 3 ore e, quasi a fine cottura (quando cioè il sugo si è stretto per bene), aggiungere nuovamente la carne. Insaporire con sale al bisogno
2. Mentre il ragù cuoce preparare le polpette nella maniera solita quindi formare tante palline piccole e friggerle in olio extravergine di oliva.
3. Una volta pronte le polpettine e anche il ragù scottare velocemente le sfoglie di lasagna in acqua bollente, metterle ad asciugare su uno straccio di cotone e intanto scaldare il forno a 200°.
4. Comporre le lasagne partendo dal fondo della teglia che va bagnato con un pochino di ragù quindi a seguire uno strato di sfoglia, uno strato di ricotta, ancora ragù e un mix di parmigiano/pecorino per legare il tutto. Continuare in questo modo aggiungendo negli altri strati anche le polpettine, il fior di latte asciutto e sminuzzato, le uova sode sbriciolate e la salsiccia secca. In totale gli strati di sfoglia devono essere almeno 5, massimo 7. L’ultimo strato va cosparso di ragù e formaggio grattato in abbondanza.
5. Cuocere in forno a 180° per 20 minuti, a 200° per 5 minuti e per altri 5 minuti a 210°. Accendere il grill gli ultimi 3 minuti di cottura per la crosticina. Sfornare, lasciare 5 minuti a temperatura quindi tagliare a quadri grandi e servire.

Tempo di preparazione: 5 ore

Risultato: questa è la Lasagna. E’ ricca, è saporita, è gigante e maestosa. E’ famiglia, tradizione, amore per la propria terra.

Variante: da quel che so io l’unica variante possibile è non aggiungere le uova e la salsiccia ma ne vale davvero la pena?

Consiglio: se avanza è buona per almeno altri 2 giorni conservata in frigo oppure, udite udite, congelata!

Ma con la carne che ci fai, vi starete chiedendo? Me la mangio a parte, da sola, per i due giorni successivi 🙂 Ha dato sapore al ragù ed è ottima riscaldata!

Musei gratis a Napoli domenica 3 marzo e dal 5 al 10 marzo 2019: una settimana di ingressi gratuiti

In questo mese i musei gratis a Napoli sono previsti non solo domenica 3 marzo, ma anche dal 5 al 10 marzo 2019 per una settimana di cultura!

Il nuovo decreto del Ministro della Cultura Alberto Bonisoli introduce una bella novità, anche per i musei di Napoli e della Campania. Infatti, oltre alle prime domeniche di ingresso gratuito, prevede anche vari altri giorni di gratuità per un totale di 20 giorni all’anno. Questo mese, come di consueto, non si pagherà il biglietto domenica 3 marzo 2019, ma in più anche dal 5 al 10 marzo sono previsti gli ingressi gratuiti in tutti i musei.

Il provvedimento, infatti, apporta delle modifiche al precedente decreto e prevede ancora le domeniche gratuite, solo nei mesi da marzo a ottobre di ogni anno, ma anche una settimana circa di ingressi gratis che varierà di anno in anno. Per il 2019 cade proprio dal 5 al 10 marzo.

Inoltre, ogni direttore avrà a disposizione altre 8 giornate, nell’anno, per garantire l’ingresso gratuito e potranno anche prevedere solamente delle fasce orarie di gratuità, arrivando in ogni caso ad un totale di 8 giorni annuali.

Intanto, ecco tutti i musei aperti gratuitamente a marzo.

Musei gratis aperti Napoli il 3 marzo e dal 5 al 10 marzo

Museo Archeologico Nazionale

Info MANN: Piazza Museo Nazionale, 19. Orario: 9.00-19.30. Ultimo ingresso 18.30. Tel: 081.4422149. Si può visitare la mostra sui tesori della Cina.

Castel Sant’Elmo

Info Castel Sant’Elmo e Museo del Novecento: via Tito Angelini, 22. Orario: 8.30-19.30. Tel: 0812294401 848800288.

Certosa e Museo di San Martino

Info Certosa e Museo: Largo San Martino, 5. Orario: 8.30-19.30. Tel: 0812294541.

Appartamento Storico

Info Appartamento Storico: Piazza Plebiscito, 1. Tel: 0815808111 – 081400547.

Museo Madre

Info Museo Madre: ia Settembrini, 79. Orario: 10.00-20.00. Tel 081.197.37.254

Palazzo Reale di Napoli

Info Palazzo Reale: Piazza del Plebiscito, 1. Orario: 9.00-20.00. La biglietteria chiude alle 19.00. Tel: 0815808111 – 081400547 – numero verde: 848800288.

Bosco di Capodimonte

Info Bosco di Capodimonte: Via Miano, 4. Dalle 9.00 ad un’ora prima del tramonto. Tel: 0817410080 – 0815808278

Villa Pignatelli

Info Museo e Villa Diego Aragona Pignatelli Cortes: Riviera di Chiaia, 200. Orario: 8.30-17.00. La biglietteria chiude alle 16.00. Tel: 08176123560039 – 081669675.

Crypta Neapolitana

Info Crypta Neapolitana: Salita della Grotta, 20. Orario: 9.00-18.00. Tel: 081/669390 e 081/230103o.

Bosco di Capodimonte

Info Bosco di Capodimonte: Via Miano, 4. Dalle 9.00 ad un’ora prima del tramonto. Tel: 0817410080 – 0815808278

Complesso dei Girolamini

Info Complesso dei Girolamini: via Duomo, 142. Orario: 8.30-14-00. Tel: 081 2294571.

Museo di Capodimonte

Info Museo di Capodimonte: via Miano 2. Orario: 8.30-19.30. Tel: 0817499111 – 081749915 – 848800288.

Museo della Ceramica Duca di Martina

Info Museo della Ceramica: Via Cimarosa, 77 | via Aniello Falcone, 171. Orario: 8.30-19.00. La biglietteria chiude alle 18.15. Tel: 0815788418.

Parco e Tomba di Leopardi e Virgilio

Info Parco Vergilaino: Salita della Grotta, 20. Orario: dal 16 ottobre al 15 aprile: 10.00-14.50 | dal 16 aprile al 15 ottobre: 9.00-19.00. Tel: 081669390.

Parco Archeologico Sommerso di Gaiola

Info Parco di Gaiola: Discesa Gaiola, scogliere. Orario: dall’1 ottobre al 31 marzo: 10.00-14.00 | dall’1 aprile al 30 settembre: 10.00-16.00. Tel: 081.2403235.

Terme di via Terracina

Info Terme di via Terracina: Via Terracina, 306. Orari: su richiesta, su prenotazione: 0815529002 – 3384031994

Palazzo Zevallos Stigliano

Info Palazzo Zevallos: Via Toledo, 185. Orario: 10.00-20.00. Ultimo ingresso alle 19.30. Tel: 081 791 7233 – 800 454229.

Villa Floridiana

Info Floridiana: via Cimarosa, 77 | via Aniello Falcone, 171. Orario: 8.30-19.00. La biglietteria chiude alle 18.15. Tel: 0815788418

Musei gratis in provincia di Napoli

Anfiteatro Flavio

Info Anfiteatro Flavio: Corso Nicola Terracciano, 75 – Pozzuoli. Orario: dalle 9.00 ad un’ora prima del tramonto. Tel: 081 526 6007

Parco Monumentale di Baia

Info Parco di Baia: Via Bellavista, 37 – Bacoli. Prenotazione obbligatoria (Telefono: +39 081 8041349 +39 081 8040430)

Scavi di Ercolano

Info Scavi di Ercolano: Corso Resina, 187. Telefono: 081 7324311

Scavi di Pompei

Gli Scavi di Pompei saranno aperti in queste fasce orarie:

  • dalle ore 8.30 alle ore 12.30
  • dalle 14.30 in poi
  • al raggiungimento dei 15000 ingressi, nella prima fascia oraria, sarà chiuso l’accesso per motivi di ordine di sicurezza

Dove: via Villa dei Misteri, 2

Scavi di Oplontis

Info Scavi di Oplontis: Via Sepolcri, Torre Annunziata. Orario: 8.30-19.30

Tempio di Serapide

Info Tempio di Serapide: Via Serapide, Pozzuoli. Orario: dalle 9.00 ad un’ora prima del tramonto. Tel: 0815266007

Parco Archeologico di Cuma

Info del Parco Archeologico di Cuma: Via Monte di cuma, 3 – Località Cuma – 80078 Pozzuoli (NA). Orario: tutti i giorni dalle ore 9:00 ad un’ora prima del tramonto. Tel: 081 8040430

Rione Terra

Info sul Rione Terra: Largo sedile di porto, Rione Terra – Pozzuoli. Orari: chiedere conferma a 081 19936286 – 19936287 | info@rioneterra.it

Campania

Reggia di Caserta

Tra i siti più importanti nel resto della Campania, la Reggia di Caserta: via Douhet, 2a. Prenotazione: nessuna. Orario: 8.30-19.30 (ultimo ingresso ore 19.00) Telefono: +390823 277558 – +390823 277545
La mostra su Modigliani è a pagamento.

Marc Chagall in mostra a Napoli, più di 150 opere esposte

Sono oltre 150 le opere di March Chagall, in mostra per la prima volta a Napoli nella basilica della Pietrasanta.
Sogno d’amore, questo il titolo della mostra, si inaugura venerdì 15 Febbraio, con una selezione di disegni, dipinti e incisioni del grande artista russo. I lavori, provenienti da collezioni private, abbracciano un arco cronologico di cinquant’anni, dagli anni Trenta al 1985. Le sezioni da ammirare sono cinque: “Infanzia e tradizione russa”, “Sogni e fiamme”, “La Bibbia”, “Un pittore con le ali da poeta” e “L’amore sfida la forza di gravità”. La mostra, in programma fino al 30 giugno e a cura di Dolores Duràn Uncar, è organizzata e prodotta dal Gruppo Artemisia. Ingresso tutti i giorni dalle 10 alle 20, biglietto 14 euro (15 con audioguida), da piazzetta Pietrasanta a soli 350 metri dalla nostra casa vacanze.

Il napoletano: la lingua dell’amore che non sa dire Ti amo.

Una delle massime espressioni della cultura napoletana è certamente la canzone. La canzone napoletana ha nelle sue prerogative principali il lirismo, ossia l’espressione del sentimento amoroso. Eppure c’è un aspetto che spesso ci sfugge a cui non facciamo spesso caso, nella canzone classica napoletana nessuno dice “Ti Amo”.

Provate a pensarci, da Reginella a Te voglio bene assaje, da Caruso a Voce e’ notte, da Torna a Surriento a ‘O Surdat Nnammurato, nessuna contiene le parole “Ti Amo”.

Ma come, la canzone più romantica del mondo, quella degli amori forti, sofferti ed intensi non sa dire Ti Amo? E allora? Gli innamorati napoletani non possono esprimere i proprio sentimenti?

Un motivo c’è, in napoletano diciamo Te voglio bbene, che per noi è la stessa identica cosa.

Ciò non significa che volere bene ad un figlio, ad un amico, ad un gatto o alla propria compagna sono la stessa cosa. La parola è la stessa, ma è il sentimento cambia. L’amore, anzi l’ammore, che provo per un fratello non è meno intenso rispetto a quello che provo per una donna, è semplicemente diverso. Sono due cose impossibili da paragonare. Ti Voglio bene è una espressione di un altruismo straordinario, incarna, il vero senso dell’amare: la generosità. Ti voglio bene significa, voglio il tuo bene. Non riguarda me, ma te. Non importa come sto io, l’importante è che tu stia bene. In questo il napoletano è in buona compagnia, quasi tutte le lingue più parlate al mondo hanno una sola espressione per dire indistintamente ti amo e ti voglio bene. Due esempi su tutti il verbo inglese To Love, e lo spagnolo Querer.

Ma se la persona con cui abbiamo una relazione affettiva non riuscisse a cogliere il senso del nostro volerle bene? Anche per tali dubbi il napoletano ha la sua formula. Il verbo amare esiste nella nostra lingua, ma viene usato quasi sempre in forma riflessiva: Me song annammurato e te. Questa espressione rispetto al ti voglio bene, riguarda noi, il nostro intimo, innamorarsi, è una cosa che avviene dentro di noi. A nulla o a poco conta ciò che provano gli altri, ci si innamora e basta.

Per spiegare meglio questo concetto vi lasciamo ad una canzone napoletana, tra le più belle in assoluto, che se leggiamo attentamente, contiene entrambe le espressioni: Dicitencello vuje.

Dicitencello a ‘sta cumpagna vosta
ch’aggio perduto ‘o suonno e ‘a fantasia…
ch”a penzo sempe,
ch’è tutt”a vita mia…
I’ nce ‘o vvulesse dicere,
ma nun ce ‘o ssaccio dí…

Rit. ’A voglio bene…
‘A voglio bene assaje!
Dicitencello vuje
ca nun mm”a scordo maje.
E’ na passione,
cchiù forte ‘e na catena,
ca mme turmenta ll’anema…
e nun mme fa campá!…

Dicitencello ch’è na rosa ‘e maggio,
ch’è assaje cchiù bella ‘e na jurnata ‘e sole…
Da ‘a vocca soja,
cchiù fresca d”e vviole,
i’ giá vulesse sèntere
ch’è ‘nnammurata ‘e me!

Rit. ’A voglio bene…
‘A voglio bene assaje!
Dicitencello vuje
ca nun mm”a scordo maje.
E’ na passione,
cchiù forte ‘e na catena,
ca mme turmenta ll’anema…
e nun mme fa campá!…

Na lácrema lucente v’è caduta…
dicíteme nu poco: a che penzate?!
Cu st’uocchie doce,
vuje sola mme guardate…
Levámmoce ‘sta maschera,
dicimmo ‘a veritá…

Te voglio bene…
Te voglio bene assaje…
Si’ tu chesta catena
ca nun se spezza maje!
Suonno gentile,
suspiro mio carnale…
Te cerco comm’a ll’aria:
Te voglio pe’ campá!…

Isole del Golfo di Napoli: cosa vedere a Ischia, Capri, Procida.

Grotte, baie, insenature, scorci mozzafiato, buon cibo e un clima meraviglioso. Da Napoli o da Sorrento, da Amalfi o Positano, chi guarda l’orizzonte può scorgere in lontananza un triangolo scaleno di sagome rocciose che emergono dal mare. È il primo incontro con le gemme del Golfo di Napoli: Capri, la mondana, Ischia, l’isola del benessere, e Procida, la conservatrice.

CapriIschia e Procida si lasciano alle spalle l’istrionica Napoli, con i suoi trambusti e le sue contraddizioni, crogiolandosi nella loro sconvolgente bellezza. Sparpagliate su un mare di un blu saturo, hanno stretto un patto eterno con il sole e il clima mite, linfa vitale per la natura rigogliosa che le adorna tutto l’anno. Eppure le tre isole incantatrici del Golfo di Napoli hanno aspetti e caratteri tutt’altro che omogenei. Capri dalle forme aguzze, elitaria, salotto dell’effimero. Ischia, grande, caleidoscopica e verdissima, dai profili smussati, fa tesoro delle sue acque sulfuree. Infine Procida, piccolissima, semplice, colorata e autentica. Pasti luculliani, spiagge dorate e nere, trattamenti wellness, passeggiate e trekking, romanticissimi tramonti: what else?

“Ah, Napoli non è niente senza le sue isole: Capri, certo, Ischia e anche Procida.”
(Tahar Ben Jelloun)