Circa duemila anni fa un’eruzione del vulcano di Napoli mise fine a quattro città romane, tra cui la famosissima Pompei. L’intensa emozione che si prova a visitare la zona è fatta di rispetto verso la forza immane della natura, ma anche di intima confidenza con la civiltà di allora.
Anche se Napoli è una città vulcanica – non soltanto in termini geologici, ma anche di carattere – visitando il suo vulcano non dovete mai preoccuparvi troppo. Se il Vesuvio dovesse cominciare a eruttare – come ha fatto molte volte da quell’anno 79 in cui distrusse e seppellì le città romane di Pompei, Ercolano e Stabia – vi potreste mettere al sicuro in tempo, perché questo è forse il vulcano tenuto sotto più stretto controllo al mondo. Ci sono piani di avvertimento, e di eventuale evacuazione delle popolazioni residenti. Vi rimane il senso del brivido di camminare sulla groppa di una specie di gigantesco animale vivo, oggi dormiente ma vivo, in una qualità di rapporto con l’onnipotenza della natura, molto più grande di noi, che non è facile descrivere a parole.
Il Vesuvio
Scalare il Vesuvio non è una vera avventura. Anzi, non è nemmeno una vera scalata, perché vi potete avvicinare in autobus – anche in una mezz’ora dagli scavi di Pompei o Ercolano, se è dalle città romane che parte la vostra visita della zona – e semplicemente camminare in salita fino alla vetta. Lo spettacolo del cratere, enorme e un po’ minaccioso anche ora che è quieto, sarà già di per sé una buona ragione per avervi convinto, ma la vera meraviglia è un’altra: la vista panoramica del Golfo di Napoli e della città sul mare. È come dominare il golfo da un aereo a bassa quota o da un elicottero. Impagabile.
Vi trovate nel Parco Nazionale del Vesuvio, costituito una ventina d’anni fa: dovete mettere in conto il costo di un biglietto d’ingresso, ma in compenso avete la sicurezza di trovarvi in un paesaggio assistito. È segnalato chiarissimo dove è meglio che non vi avventuriate, e il sentiero principale che porta al cratere (di sentieri nel Parco ce ne sono altri, non tutti così facili da percorrere) è comodo e ben delimitato.
A proposito di natura, riconoscete le ginestre che contrastano con il paesaggio aspro e gli danni segni di vita? Il loro periodo di fioritura – improvvise macchie di un particolare giallo, nette sul terreno arido – è la primavera-estate.
Gli scavi di Pompei
Pompei – o, se volessimo usare il nome latino antico, Pompeii – è oggi una zona di scavi aperti al pubblico fra le più vaste al mondo, riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio dell’umanità. Quanto a importanza, poi, è assolutamente unica nell’avere conservato un’intera città romana nella sua vita di tutti i giorni, interrotta d’improvviso e rimasta come imbalsamata in un gigantesco plastico su scala urbana.
Se volete essere metodici nella vostra visita a Pompei, potete cominciare la visita dal museo, subito commuovendovi a vedere le figure umane degli abitanti sorpresi dall’eruzione. Sembrano persone vere, ma sono semplicemente i calchi – ricavati dagli archeologi versando gesso in certe cavità dove si intuiva la presenza di ossa umane – di persone rimaste intrappolate dalla pioggia di cenere eruttata dal Vesuvio. Nei secoli lo strato di cenere si è solidificato, i corpi si sono dissolti, e la cavità delle loro forme è rimasta. Pare di poter dialogare con persone di duemila anni fa, e non è un modo di dire.
Invece che su quello della solidarietà umana, siete impressionati sul lato storico-artistico quando visitate le abitazioni dei pompeiani antichi, come la Casa del Fauno, quella dei Vettii o quella degli Amorini Dorati, che prendono nome dal soggetto dominante dei loro straordinari affreschi o da quello dei proprietari. Prima ancora di arrivare alle abitazioni, è probabile passeggiate per gli spazi pubblici della città antica: la Basilica dove si rendeva giustizia, il Foro dove ci si ritrovava, i templi dove si veneravano gli dei e perfino il Lupanare – che in italiano corrente chiameremmo il bordello – con le sue pitture vietate ai minori. Ciò che comunque dappertutto impressiona sono le tre dimensioni: scordatevi degli scavi archeologici che trovate altrove in tutta Europa, con i loro resti di muretti ricostruiti, alti al massimo un metro. A Pompei le case sono ancora alte esattamente come nell’anno 79. Unico è dire poco.
Nella quiete maestosa dell’anfiteatro – con l’erba a prato che ora colonizza le gradinate, da dove gli antichi pompeiani assistevano a lotte armate fra gladiatori – vi potrebbe venire in mente il concerto Live at Pompeii dei Pink Floyd. Non è possibile vi ricordiate di esserci stati di persona, però, perché quello spettacolo non aveva pubblico… È stato soltanto una registrazione privata. Il leader del gruppo, David Gilmour, è tornato qui qualche anno fa per tenere invece un concerto vero, unico spettacolo nell’anfiteatro di Pompei negli ultimi diciannove secoli. Più delle memorie rock, in ogni caso, è significativo il dato storico che questo di Pompei sembra essere stato il più antico anfiteatro stabile mai costruito in età romana, tanto importante e ricca la città doveva essere.
Gli scavi di Ercolano
Sempre sotto il Vesuvio, ma una ventina di chilometri più a ovest e molto più vicina a Napoli, trovate gli scavi della romana Herculaneum, meno estesi ma altrettanto impressionanti, e come integrati nell’abitato della Ercolano odierna. Ci sarebbe ancora moltissimo da scavare attorno, se nella zona di interesse archeologico non ci fossero, ovviamente in perfetta legittimità, anche le case degli abitanti di oggi. Qui la qualità della percezione tridimensionale è perfino più clamorosa che a Pompei: sui lastricati stradali si cammina come in qualsiasi altra strada non archeologica, le abitazioni di duemila anni fa – particolarmente notevoli le Case dell’Albergo, dell’Atrio a Mosaico e dei Cervi – sembrano costruite ieri, e sculture e affreschi vi vengono incontro del tutto naturalmente, in forme e colori vividi. Datevi un pizzicotto per svegliarvi: non state sognando, e non è una ricostruzione alla Disneyland. È tutto vero.
Gli scavi di Stabia
Potete visitare anche quanto rimane di Stabiæ, che è viceversa più a sud di Pompei e che ha avuto una storia differente. L’abitato è stato ripopolato non molto dopo l’eruzione dell’anno 79, e oggi la zona degli scavi si trova isolata in mezzo al moderno abitato di Castellamare di Stabia. Sono tornate alla luce cinque residenze dell’antica città romana: Villa Arianna e Villa San Marco, Villa Petraro e Villa Carmiano, reinterrate, e il cosiddetto “Secondo complesso”. Villa San Marco fu costruita nella prima epoca imperiale e rimaneggiata in età claudia: l’accesso, oggi dalla zona delle terme, conduce ai tre ambienti del “calidarium”, “tepidarium” e “frigidarium”, da cui si passa al giardino porticato con piscina. Qui è come se mancasse il contesto, ma le abitazioni, le sofisticate murature, le pavimentazioni a mosaico e soprattutto gli affreschi antichi romani sono della stessa qualità di quelli di Pompei e di Ercolano. Se avete il gusto del dettaglio invece che quello dell’insieme, anche Stabia è da non perdere.
I Campi Flegrei
Il gigantesco cono del Vesuvio domina tutta la zona di Napoli, ma non è certamente l’unica presenza vulcanica attorno alla città. Con i trasporti pubblici potete raggiungere da Napoli i Campi Flegrei, una zona subito a ovest del capoluogo verso Pozzuoli e le isole di Procida e Ischia, dove le attività vulcaniche vi appaiono minori per dimensioni, eppure altrettanto evidenti e perfino più spettacolari.
Il Vesuvio non ha più – come aveva fino all’eruzione del 1944 – un pennacchio di fumo continuo ben visibile in uscita verso il cielo. Qui, invece, dal cratere della Solfatara escono ancora oggi praticamente continue fumarole di anidride solforosa e getti di fango bollente. Detto fra parentesi, è qui che sono state girate le inquadrature vulcaniche del video di Live at Pompeii…
Le fumarole non sono geyser, come vi verrebbe fatto di pensare, ma ci vanno molto vicino. Rispettate le indicazioni e non entrate nelle zone recintate: i fumi di zolfo, anche se non sono affatto velenosi, possono dare stordimento ad avvicinarsi troppo. La Solfatara è infatti in stato quiescente ma ancora piuttosto attiva, e non è che uno dei quaranta vulcani e vulcanetti che costituiscono i Campi Flegrei.
Nel grande cratere spento degli Astroni, che è ora oasi naturalistica gestita dal World Wildlife Fund, potete fare visite guidate o tranquille passeggiate nel verde attorno a piccoli laghi, anziché tra fumi sulfurei, e in zona ci sono naturalmente anche sorgenti di acqua termale come quelle di Agnano. Le famose terme nell’isola di Ischia appartengono anche loro al sistema vulcanico dei Campi Flegrei.
Il movimento del terreno sotto di voi è troppo lento perché un essere umano possa rendersene conto, ma le misurazioni testimoniamo di un continuo impercettibile alzarsi e abbassarsi dei Campi Flegrei rispetto al livello del mare. La parola scientifica per questo fenomeno è bradisismo, e anche questo è un fenomeno vulcanico. Il tempio di Serapide a Pozzuoli, che ha più o meno duemila anni e che è evidentemente più in basso della città attorno, ne è un esempio storico evidente.
Gli scavi di Baia
A confermare le vite parallele fra attività vulcaniche e civiltà antiche, fanno parte dei Campi Flegrei i resti archeologici della romana Baiæ, a sud di Pozzuoli. Trovate i cosiddetti templi di Diana e di Venere nel villaggio di oggi, accanto al piccolo porto sul Golfo di Napoli, e non vi stupisce troppo scoprire che si trattava in realtà di edifici termali, così importanti che soltanto la cupola del Pantheon di Roma era più grande di queste.
Nemmeno vi stupisce – visto che siamo in zona di bradisismi – venire a sapere che la Baia antica è oggi sommersa, protetta come parco marino a una profondità di cinque-sette metri. La potete toccare con mano soltanto se vi armate di respiratore, e andate a visitare ville e ninfei di venti secoli fa sotto la guida dei sub locali. Un’altra scelta, meno avventurosa, può essere l’escursione su un battello con il fondo trasparente: è come affacciarsi sulla città romana da una finestra attraverso l’acqua.